Ecosistemi forestali del parco Adamello

da lezioni corso G.E.V. - dispensa dott. A. Ducoli

paesaggio forestale submontano (pag.6)

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ECOSISTEMA FORESTALE DEL PARCO DELL’ADAMELLO: GESTIONE E TUTELA

b. Il paesaggio forestale dell’orizzonte submontano (500— 1000 m s.l.m.) i boschi misti di latifoglie e conifere.

Nella fascia altitudinale del Piano submontano cominciano a delinearsi i caratteri tipici degli ambienti di foresta. La presenza dell’uomo è ancora significativa tuttavia meno evidente rispetto al fondovalle (sono presenti anche a questo livello aree fortemente antropizzate ma si concentrano nelle superfici caratterizzate da un’orografia “gentile”).

Il primo elemento che suggerisce una maggiore presenza di elementi naturali rispetto al fondovalle è ben caratterizzato dal delinearsi sempre più massiccio di fioriture; osservando le specie del sottobosco questi aspetti possono essere colti in maniera puntuale. In particolare, come è solito affermare in gergo forestale ci si accorge che il “bosco fiorisce dal basso”, ovvero prima della “rifogliazione” delle specie arboree fioriscono quelle erbacee. In questo orizzonte altitudinale numerose sono le specie fioristiche che trovano un habitat congeniale alle loro esigenze ecologiche: tra le più diffuse si possono ricordare Hepatica nobilis (erba trinità, tipica dei boschi di faggio), e le due specie di “campanellino”, che si riconoscono per le delicate, candide corolle pendule (Leucofum aestivum e L. vernum). Il nome specifico ci conforta che Anemone nemorosa trovi nell’ecosistema silvano fattori ecologici ottimali alla sua crescita. Molto diffuse e altrettanto conosciute ai frequentatori dei boschi sono Helleborus niger (rosa di natale), con i suoi grandi fiori bianchi che spesso sbocciano in inverno e Cyclamen purpurascens, il noto ciclamino. Da aprile a giugno è possibile invece osservarePrimula veris, riconoscibile dalla presenza di un calice più lungo del tubo della corolla dorata.

Per quanto riguarda la descrizione degli habitats antropizzati di questo orizzonte montano valgono le medesime considerazioni effettuate nella descrizione precedente mentre ben diversa è la trattazione degli ecosisterni forestali. Ricordando che in queste situazioni gli ecosistemi si arricchiscono notevolmente di arbusti e specie erbacee, di grande valore ecologico, per meglio descrivere la complessità di questa parte del versante faremo riferimento alla definizione di tipologia forestale (Unità floristico-ecologico-selvicolturali sulle quali è possibile basare la pianificazione forestale o, più in generale, quella territoriale; Roberto Del Favero- 1993); possiamo riassumere i seguenti ambienti:

a. Il bosco di quercia e betulla

La presenza delle querce (rovere – Quercus petrea, roverella – Quercus pubescens, e le loro forme ibride – Quercus pubescens x petrea), è una costante nella composizione dei boschi termofili anche dell’ambiente alpino; tuttavia negli ultimi anni queste delicate fagacee hanno mostrato particolari difficoltà a rinnovarsi in maniera naturale a vantaggio di numerose altre specie tra cui anche la non autoctona robinie – Robinia pseudoacacia.

L’area di distribuzione di queste formazioni coincide con i costoni più asciutti e più caldi, con substrati superficiali e acclivi del Piano submontano (progressioni più in alto sì possono osservare nelle esposizioni più favorevoli). Quando la stazione forestale diviene “meno ingrata” le querce vengono sostituite gradualmente da specie più esigenti e competitive quali il frassino – Fraxinus excelsior, l’acero campestre – Acer campestre e il tiglio – Tilia platyphyllos.

Nelle situazioni in cui è ancora forte la presenza dell’uomo, il bosco di querce è stato infine ormai completamente sostituito dal bosco di castagno, favorito per le maggiori capacità di crescita e per la produzione della castagna.

Un aspetto particolare di questo tipo di boschi è sicuramente da osservare nella perfetta convivenza tra le querce e la
- Betulla verrucosa, che in ragione della sua attitudine pioniera, costituisce la fase preclimax del bosco stabile di quercia. In sostanza il bosco raggiunge una condizione di equilibrio naturale nelle situazioni in cui prima delle querce è avvenuto il passaggio della betulla come “specie preparatoria”.

La possibilità di presentare repentine variazioni del soprassuolo anche per piccole superfici, consente a questi ambienti di costituire un prezioso “contenitore’ di nicchie ecologiche per le più diverse specie animali; questi ambienti costituiscono l’habitat ideale per il capriolo - Capreulus capreulus che li utilizza per ripararsi durante le “ore illuminate”, cercando radure erbose in quelle crepuscolari per procurarsi del cibo.

Un altro animale che frequenta tipicamente questo tipo di ambienti è la ghiandaia - Garrulus glandarius, il cui nome è chiaramente legato alle querce che costituiscono la base dell’alimentazione di questo uccello della famiglia dei corvidi.
Tra le altre specie più frequentemente osservabili in questo tipo di boschi possiamo inoltre citare il codirosso - Phoenicurus phoenicurus, la capinera – Sylvia atricapilla, il picchio rosso minore — Dendrocopus minor; svariati micromammiferi (topo selvatico — Apodemus sylvaticus, l’arvicola rossastra - Clethrinomys glareol, la crocidura rossiccia - Crocidura russalla, la crocidura dal ventre bianco - Crrocidura leucodon e il moscardino - Muscardinus avellanarius), vistosi insetti come il cervo volante - Lucanus cervus e la cavalletta verde - Tettigonia vividissima; le comunissime chiocciole — Elix pomatia.

Questo tipo di ecosistemi, in ragione anche della fragilità delle querce, vengono gestiti interamente sotto il controllo del parco che ne garantisce il mantenimento dei delicati equilibri a favore della maggior biodiversità e complessità strutturale.

b. Il bosco di orniello e carpino nero

Accanto ai boschi a prevalenza di querce precedentemente descritti si affiancano, spesso sovrapponendosi, formazioni arboree in cui prevalgono il carpino nero – Ostria carpinifoglia e l’orniello – Fraxinus ornus.

Si tratta di formazioni arboree sviluppantesi in ambienti vari, anche se tendenzialmente più favorevoli di quelli in cui vegetano i querceti; questi boschi si spingono in situazioni favorevoli anche fino ai 1.000 m di quota; il soprassuolo non è mai chiuso e continuo, ma caratterizzato da piccoli gruppi o macchie isolate di piante che sfruttano le microstazionì più favorevoli.

Come già osservato precedentemente la notevole vicinanza con i nuclei abitati condiziona fortemente la composizione dei soprassuoli di questi boschi, anche in ragione dell’elevata richiesta di legna da ardere da parte dei residenti. Si tratta quindi di boschi che solo nelle microaree più sfavorevoli conservano le condizioni naturali proprie, mentre spesso subiscono modificazioni strutturali per i tagli frequenti (boschi cedui); la loro notevole plasticità gli consente tuttavia di mantenere le proprie peculiarità ecologiche anche in situazioni di utilizzo intensivo.

La partecipazione di altre specie non è così massiccia come in altre situazioni comunque si possono osservare in misura più o meno accessoria le latifoglie tipiche di questi ambienti quali il castagno - Castanea sativa, il tiglio – Tilia platyphyllos, l’acero campestre – Acer capmestre eil maggiociondolo – Laburnum anagiroides.

Tra le specie animali che più frequentemente si possono osservare in questi ambienti, oltre a quelle già osservate nel caso dei boschi di querce, possiamo citare: l’allocco - ="mso-spacerun: yes">  Strix aluco. il rampichino - Cerchia familiaris, il picchio muratore - Sitta europea, il picchio verde - Picus viridis, il tasso – Meles meles e l’orbettino – Anguis fragilis.

c. Il bosco di “latifoglie nobilì”

Il peggioramento globale delle condizioni climatiche, unitamente al massiccio sfruttamento dei versanti da parte dell’uomo, ha nettamente sfavorito le cosiddette “latifoglie nobili” che si caratterizzano per una certa esigenza in fatto di stazione forestale. In situazioni normali, il peggioramento delle condizioni stazionali favorisce il ritorno di latifoglie frugali quali la betulla e il carpino nero, in altre situazioni si assiste invece ad un massiccio abbassamento dell’abete rosso – Picea abies che sostituisce in maniera consistente l’acero montano – Acer pseudoplatanus, il tiglio – Tilia platyfollis, il faggio – Fagus sylvatica e la rovere – Quercus petrea anche a quote inferiori rispetto ai proprio optimum. Questo tipo di boschi, anche in ragione delle stazioni favorevoli in cui si sviluppano, hanno in passato inoltre subito consistenti depauperazioni a favore del castagno - Castanea sativa, e oggi sono relegati in piccole e sporadiche superfici.

Attualmente la gestione più attenta del territorio sta tenendo in ampia considerazione questi fattori e i boschi di “latifoglie nobili” appaiono in significativa ripresa. Un ruolo fondamentale in questa direzione è assunto in particolare dalla presenza di ciliegio selvatico - Prunus cerarus che costituisce un fondamentale indicatore della biodiversità dei soprassuoli.

Per quanto riguarda gli animali che si possono osservare in questi ambienti vale, anche in questo caso, quanto già precedentemente citato, tuttavia appare doveroso ricordare che questi boschi Costituiscono in “regno naturale” del cervo - Cervus elaphus, il più grande tra i nostri ungulati. Nel parco, così come nel resto dei territori alpini, i cervi si sono spinti nei boschi di conifere del piano superiore dove trovano una maggior protezione (la stessa cosa si osserva per il caprìolo - Capreolus capreolus). Altre specie che possiamo citare sono: il picchio nero — Dryocopus martius, il luì verde - Phylloscopus sibilatrix, il francolino di monte — Tetrastes bonasia, la beccaccia – Scolopax rusticola, lo sparviero - Accipiter nisus, la volpe – Vulpes vulpes, la salamandra nera - Salamandra atra, la salamandra pezzata — Salamandra salamandra.

d. Il bosco di pino silvestre

Uno dei più particolari ecosistemi di questo orizzonte montano è sicuramente costituito dal bosco di pino silvestre – Pinus sylvestris. Si tratta di ambienti in cui la predominanza del pino è pressochè assoluta (superfici più o meno ampie e dove ai margini del bosco, si osservano forme transitorie verso i boschi di latifoglie; Paspardo, Edolo, Sonico, Niardo). La presenza di questi ecosistemi costituisce sicuramente un grande fattore di valorizzazione della biodiversità dei versanti del parco e aumenta la possibilità di differenziazione della fauna che li abita.

Il bosco di pino condivide la fauna presente nei boschi di latifoglie offrendogli una diversa organizzazione degli spazi; si tratta infatti di boschi “aperti” per effetto del portamento del pino, i cui rami si concentrano nelle parti alte della chioma (elevata presenza di luce e contemporanea protezione del suolo). Per quanto riguarda le specie osservabili vale quindi quanto già precedentemente specificato, ma una citazione particolare può essere effettuata per la temuta processionaria del pino - Thaumetopoea ptyocampa. La processionaria è un lepidottero che compie la maggior parte del proprio ciclo nutrendosi di aghi di pino; oltre a provocare vistose defogliazioni delle piante colpite che spesso recedono lentamente fino alla morte, questo insetto è temuto perché le larve sono ricoperte da piccolissimi ma evidenti peli che si disperdono con il vento e contengono sostanze fortemente tossiche (possono provocare irritazioni molto pericolose). In situazioni naturali la presenza di questo lepidottero non costituisce mai motivo di preoccupazione ma in alcuni casi, soprattutto a seguito della massiccia introduzione del pino nero - Pinus nigra avvenuta negli anni ‘60, si osservano pericolose pullulazioni di questo insetto che possono interessare oltre al pino silvestre anche il larice - Larix decidua. Oggi pino nero viene gradualmente tagliato, anche perché ben al di fuori del proprio areale vegetativo, per cui si osserva un graduale ritorno dei livelli demografici della processionaria entro i normali limiti naturali offerti da questo tipo di boschi.

e. I castaneti da frutto

In Valle Camonica, fin dove le condizioni del versante hanno permesso la lavorazione del terreno per scopi agricoli, è stato ampiamente diffuso il castagno – Castanea sativa, e in particolare le sue forme di gestione per l’ottenimento del frutto (innesto di cultivar in castagni selvatici). Abbiamo ampiamente citato la diffusione di questa specie anche per l’ottenimento di legna da ardere, e come questa situazione abbia notevolmente sfavorito le “latifoglie nobili”, tuttavia nel caso dei castaneti da frutto devono essere effettuate considerazioni ben diverse. Si tratta infatti di consorzi vegetazionali inseribili più nelle categorie delle forme di gestione agricola del territorio che in quelle degli ecosistemi boschivi.

Oggi questi “boschi” assumono una notevole importanza storico-culturale, oltreché paesaggistica, per cui sono oggetto di numerosi sforzi di recupero e valorizzazione (potature, sostituzione delle piante morte, ecc.)

Le specie animali solo in rari casi ( ......... – Sitta europea, il ..........- Glis glis) utilizzano questi ambienti in maniera stabile mentre più spesso vi transitano nei loro spostamenti tra i vari ambienti.



pozza d'Arno

Arno


Salarno


Benedetto Avio


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Valsaviore


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