riporto integralmente l'ottima descrizione che viene fatta nel volume: S.Frattini C. Contino - ESCURSIONI NEL PARCO DELL'ADAMELLO - CIERRE edizioni - 1995 - |
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Parcheggiata l’auto poco dopo Malga Caldea, si prosegue a piedi passando alla base dell’alto gradino
roccioso che sbarra la valle, per poi risalire sul fianco opposto lungo la
strada che, da un po’ di anni, ha sostituito la storica, aspra mulattiera,
detta “la Segosta”. La nuova strada, che si inerpica ad ampi zig-zag, è riservata ai mezzi di servizio che salgono agli impianti idroelettrici dei laghi d’Avio, le acque dei quali, se fossero libere di scendere nel fondovalle, precipiterebbero per ben 300 m. Se ciò dovesse avvenire si tornerebbe ad ammirare, dopo tanto tempo, quella “... serie di spettacolari cascate, ciascuna delle quali in un altro paese potrebbe diventare famosa,” che Douglas William Freshfield ricorda nel suo bellissimo "ltalian Alps" del 1875. La vegetazione che ricopre il pendio che fiancheggia il salto di rocce dell’antica cascata è per lo più costituita da un cespuglieto alto e rado, con prevalenza di ontano di monte e presenza significativa di lampone, sambuco rosso e della non comune Lonicera nigra. Qua e là si incontrano inoltre sparsi larici, abeti rossi, salici appendicolati e betulle di due specie molto simili: la “solita” Betula pendula e la rara Betula pubescens, diffusa peraltro anche più avanti, fino a Malga Lavedole. Tra le tante specie erbacee si notano invece per la loro appariscenza Aconitum vulparia, Epilobium angustfolium, Senecio fuchsii, Digitalis grandiflora, Cirsiurn erisithales, Campanula spicata, Dianthus sylvestris e le grandi ombrellifere Heracleum sphondilium, Angelica sylvestris e Laserpitium krapfii ssp. gaudinii. Raggiunta “la Palazzina” (1904 m; ore 0.50) nei pressi del Laghetto dell’Avio si prosegue alla base del Corno di Mezzodì lungo la strada sterrata pianeggiante che costeggia la sponda occidentale dei laghi artificiali creati nel fondovalle tra le due guerre. Il panorama è decisamente mutato: la vallata, specialmente verso la testata, si amplia in una vastissima conca contornata da alti monti. Tra essi spiccano: la Cima Plem, sotto la quale si nota la grande diga del Lago Pantano, l’Adamello, con le sue vertiginose pareti nord e ovest e, sull’opposto fianco della valle, le cime dei Frati, della Calotta e di Salimmo. Ancora nel Settecento il Laghetto d’Avio veniva abilmente sfruttato per portare a valle il legname. Si legge infatti nella Guida alpina della Provincia di Brescia del 1889 che al suo “.... sbocco sta il vano d’una porta formata nella nuda roccia, in parte dalla natura, ed in parte dall’uomo, e che ha ai lati ancora giganteschi cardini. Nel secolo scorso veniva chiusa per rialzare il lago, immettervi i superbi larici e farli poscia, aprendo la diga, precipitare lungo la valle nell’Oglio sotto Temù”. Poi, tra le due guerre, iniziò lo sfruttamento idroelettrico della valle. Con la costruzione delle dighe fu aumentata la capacità del Laghetto dell’Avio e del Lago d’Avio. Venne inoltre creato il Lago Benedetto, sommergendo il vasto pianoro paludoso e pascolivo di Malga di Mezzo, che ci piace ricordare ricorrendo ancora una volta alle parole di D. W. Freshfield "entrammo su uno di quei ripiani tanto frequenti nel gruppo". (nota mia: mi permetto, umilmente, di correggere l'autore perchè Freshfield si riferiva alla malga Lavedole e non alla malga di Mezzo). "La sua liscia distesa prativa brulicava di vacche e capre, riunite per la notte intorno alla capanna del pastore. Due torrenti, uno grigio figlio di ghiacciai, l’altro chiaro nato da una sorgente, si lanciavano giù, dietro a noi, in splendide cascate. In fondo l’Adamello alzava il suo corno di ghiaccio”. Con la comoda strada sterrata pianeggiante si percorre prima la sponda occidentale del Laghetto dell’Avio (1869 m) e poi quella del ben più vasto Lago d’Avio (1900 m). Si risale quindi il breve gradino che porta al Lago Benedetto (1929 m) e si continua in piano, incontrando subito dopo la Malga di Mezzo e il bivio con il sentiero n. 35. La vegetazione dei pendii che fiancheggiano i bacini è in prevalenza formata da folti cespuglieti di Alnuss viridis, con presenza rilevante di Pinus mugo, Pinus uncinata e Salix appendiculata, a cui si alternano minuscoli lembi di lariceto rado. Sul breve pendio che dal Lago d’Avio sale al Lago Benedetto i larici (Larix decidua) si infittiscono e compaiono anche i primi cembri (Pinus cembra) che si ricollegano al cospicuo popolamento localizzato sulle rupi sovrastanti. Assieme agli sparuti lembi di lariceto già ricordati rappresentano i resti dei vasti boschi di lanci, pecci e cembri che si estendevano, diversi secoli or sono, attorno ai laghi, come è stato recentemente dimostrato da Giuseppe Berruti e Ornello Valetti con uno studio basato su documenti storici. Dei tre laghi artificiali il primo che si incontra, il Laghetto dell’Avio, è lungo 360 m, largo 160 m profondo 14 m; contiene 370.000 m’ di acqua. Il Lago d’Avio, che è il secondo, raggiunge invece la profondità di 79 m, è lungo 985 m, largo 570 m e contiene ben 25.350.000 m di acqua. Il terzo, il Lago Benedetto, è profondo 46 m, lungo 795 m e largo 580 m; ha una capacità di 7.710.000 m. Il colore delle sue acque, ancor più di quelle del Lago d’Avio, è grigiastro per la presenza di molto limo in sospensione, al quale in gran parte si deve il naturale interramento dell’antico lago di escavazione glaciale. Quando, tra il 1935 e il 1940, venne realizzato il lago artificiale (che prende il nome dall’ingegnere Fernando Benedetto, artefice dell’impianto) qui si estendeva infatti, ormai da secoli, un vasto pianoro erboso e paludoso che già Freshfield ebbe a ricordare. I laghi della Valle dell’Avio (escluso il Laghetto, oggi non più utilizzato) alimentano la centrale idroelettrica di Edolo, una delle più potenti in Italia (1000 MW). Nei periodi di surplus energetico (ad esempio di notte) essa è anche in grado di ripompare quassù l’acqua raccolta nel vascone di fondo-valle. In questo modo la stessa acqua può nuovamente essere impiegata per produrre energia elettrica nei momenti di maggiore richiesta, I due serbatoi di alta quota (Lago Venerocolo e Lago Pantano), prima di immettere le loro acque nel Lago Benedetto, alimentano però la centrale idroelettrica situata sulla sponda orientale di quest’ultimo. Fin verso il 1980, prima della costruzione della centrale di E-dolo, il sistema idroelettrico dell’Avio alimentava invece la centrale di Temù, ora non più utilizzata. Dalla Malga di Mezzo si prosegue ancora lungo la sponda del Lago Benedetto, si continua quindi con il sentiero che risale il fianco del gradino che sbarra la valle alla testata del lago. La salita a zig-zag offre scorci panoramici sui bacini appena costeggiati e, in qualche punto, anche sulla spumeggiante cascata formata dal ruscello che scende dal pianoro sovrastante, su cui si trova Malga Lavedole (2044 m; ore 1,40). Nei pressi di Malga Lavedole si estende un’ampia zona paludosa, detta anticamente “Lavizol”, che vedremo meglio dall’alto, al ritorno, quando in questo punto chiuderemo il percorso ad anello che ora inizia con la salita verso il Rifugio Garibaldi. Il pianoro di Malga Lavedole è dominato dalla vetta dell’Adamello e dal vicino, imponente massiccio del Baitone. Volgendo lo sguardo a valle, al di là dei laghi artificiali e al di là dei monti che formano il fianco opposto della Valcamonica, emergono sullo sfondo le bianche cime del Gruppo dell’Ortles-Cevedale.
Attorno al pianoro sono molto evidenti le rocce “montonate” dagli antichi ghiacciai e diversi archi
morenici tardiglaciali. Ancora 12.000 anni fa nella zona di Malga Lavedole
confluivano le lingue dei ghiacciai del Venerocolo, dell’Avio e di quello che
scendeva dal versante Est del Baitone.
Immediatamente prima del rifugio Garibaldi, sulla nostra sinistra troviamo il bivio del sentiero n° 42 che
conduce verso il passo Venerocolo. |
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