dalla lezione del 19-9-01 del dott. L. Pedrotti
ad aspiranti GEV
e dal volume.............
IL CAMOSCIO (Rupicapra rupicapra)
RIPARTIZIONE MONDIALE: il Camoscio è specie esclusiva della
regione paleartica, in cui è presente con 9 (secondo alcuni autori 10)
sottospecìe differenziatesi in rapporto all’ isolamento geografico dei diversi
massicci montuosi:
Rupicapra rupicapra parve Cabrera 1911: esclusiva della Cordigliera Cantabrica, in
Spagna, è stabilmente presente nel Parco Nazionale di Covadonga, nel Massiccio
del Picos d’Europa e Pena Ubina.
Rupicapra rupicapra pyrenaica Bonaparte 1845: stabilmente insediata nei Pirenei francesi
e soprattutto spagnoli.
Rupicapra rupicapra cartusiana Couturier 1938, presente esclusivamente nel Massiccio della Chartreuse, nel
Delfinato.
Rupicapra rupicapra rupicapra Linnaeus 1758:
presente in tutta la catena delle Alpi francesi, nel Giura e nei Vosgi (ove è
stata reintrodotta), sulle Alpi italiane, svizzera, austriache, nel
Liechtenstein, in Baviera e nella Foresta nera, nella parte settentrionale
della Iugoslavia, in Slovenia e nella Croazia nordoccidentale. Introdotta anche
in Cecoslovacchia, sui monti dell’Elbsandstein, di Luzicke hory e dell’Altvater
(BRIEDERMANN 1961, LOHWASSER 1933).
Rupicapra rupicapra ornata Neumann 1899: presente esclusivamente negli Appennini centrali, nel Parco
Nazionale d’Abruzzo.
Rupicapra rupicapra balcanica Bolkay 1925: diffusa
nella Penisola balcanica, in Iugoslavia in Bosnia Erzegovina, Montenegro e
Macedonia, in Albania, nella Grecia continentale, in Bulgaria.
Rupicapra rupicapra carpatica Couturier 1938:
presente in Romania, in Transilvania sulla catena dei Carpazi.
Rupicapra rupicapra caucasica Lydekker 1910: in Russia, esclusivamente nella catena del
Caucaso.
Rupicapra rupicapra asiatica Lydekker 1908: in
Turchia, sulla Catena Pontica, sul Tauro e Antìtauro, in diminuzione.
A una decima sottospecie:
Rupicapra rupicapra tatrica
Blahout 1971 apparterrebbero inoltre i C. presenti in Cecoslovacchia e in
Polonia, negli Alti Tatra.
Per effetto di immissioni effettuate ai primi del 900 (NIETHAMMER 1971)
il Camoscio è presente anche in Nuova Zelanda.
CARATTERI DISTINTIVI: di forme robuste, la lunghezza della testa e del corpo è di
100-130cm, con coda di 4-5 cm.ed altezza al garrese di7O-80.
Il peso varia nei soggetti adulti, sulle Alpi, dai 28 ai 45 chilogrammi nei maschi,
dai 25 ai 40 nelle femmine.
Le maggiori dimensioni si raggiungono in settembre-ottobre
mentre cali di peso in misura anche del 20-25% si registrano nei maschi durante
il periodo degli amori.
Il peso aumenta dì norma sino a 4-5 anni, (secondo GRUSCHWITZ 1959-1962
sino ai 9 anni). Le dimensioni del C. d’Abruzzo sono sensibilmente inferiori.
Il mantello presenta una colorazione variabile secondo le stagioni:
due mute, una autunnale ed un a primaverile, più evidente, intervengono a
modificare il colore e la pesantezza
del pelo che in settembre, sulle Alpi varia dal grigio beige al grigio giallo
rossastro, con arti più scuri e parti inferiori più chiare; in novembre è piu’
lungo e folto, bruno scuro, nerastro per divenire sempre più nero brillante in dicembre,
gennaio e febbraio, con notevole contrasto rispetto alla macchia frontale e golare chiara.
In questo periodo è ben evidente soprattutto nei maschi di età media (4-6 anni) una criniera
nera o bruno nera lungo la linea mediana della schiena, formata da peli che,
già visibili nel mantello estivo non cadono nella muta autunnale
(agosto-settembre) ma continuano a crescere potendo raggiungere una lunghezza
di 20-25 cm.
In marzo il mantello comincia a schiarirsi diventando grigio-nero
poi grigio-cioccolato ed infine grigio-rossastro; con la fine di aprile si
evidenzia la muta, il pelo di giarra cade insieme a ciuffi di sottopelo
biancastro.
A fine giugno la muta è terminata, il manto è costituito da corti
peli, la colorazione è fulva con riga dorsale scura ben evidente. Già da metà
agosto ed in settembre si ha la muta autunnale.
Il Camoscio d’Abruzzo si differenzia
dalla sottospecie alpina soprattutto nel mantello invernale, caratterizzato da
una tonalità marrone scuro con macchia golare chiara più estesa,sino al petto,
separata da due bande scure dalle parti biancastre o isabelline poste ai lati
del collo, sino alle spalle; chiari sono anche i quarti posteriori.
La testa, breve, con muso sottile
ed orecchie appuntite è caratterizzata dalla presenza, in entrambi i sessi, di
corna uncinate, di colore ebano, perpendicolari al cranio; gli astucci cornei,
sovrapposti all’asse osseo che si diparte dall’osso frontale costituiscono
strutture permanenti a crescita continua, di lunghezza media variabile
nell’adulto tra i 22 e i 26 cm. con altezze tra i 14 e i 18 cm.; tali valori
sono la risultante di accrescimenti annuali (forti nel primo e terzo anno,
massimi nel secondo, per diminuire nel quarto e quinto e ridursi a 2-4 mm.
negli anni successivi) intervallati da un periodo di stasi durante la stagione
invernale, da fine ottobre—novembre a marzo.
Tale interruzione, determinata da un controllo di tipo ormonale probabilmente
connesso anche con l’attività riproduttiva, provoca la comparsa di anelli di
giunzione tra i vari strati cornei sovrapposti, che consentono dall’esame delle
corna una valutazione dell’età dell’animale.
Le corna dei maschi sono caratterizzate da un maggior spessore
alla base, da un parallelismo assai scarso e limitato ai primi cm., da una più
accentuata uncinatura.
Le corna delle femmine sono più sottili in tutta la loro
lunghezza, parallele su una più grande altezza, con divergenza spesso
completamente assente, altre volte notevolmente accetuata, meno uncinate, con
punte più corte quasi parallele al frontale.
La diversa uncinatura nei due sessi è meno apprezzabile nel C. d’Abruzzo che inoltre
presenta assi ossei piuttosto ravvicinati, più inclinati, con astucci cornei di
dimensioni sensibilmente maggiori: non di rado nei maschi raggiungono i 30-31 cm.
di lunghezza e i 20-22 cm di altezza.
Una ulteriore differenza presente nel cranio del C. d’Abruzzo è l’obliterazione della fontanella
fronto-lacrimo-naso-mascellare.
La formula dentaria è, nell’adulto, la seguente: 0 0 3 3 / 3133 = 32 denti.
La dentizione da latte, decidua, è completa con 20 denti, dopo il secondo mese,
con assenza di molari che compaiono solo come denti definitivi.
Il primo molare compare alla fine del terzo mese nel mascellare inferiore a 4-5 in quello superiore;
a 16 mesi è sostituito il primo incisivo e compare il secondo molare inferiore seguito a 17
da quello superiore a 27-28 mesi è cambiato il secondo incisivo e dai 28 ai 32
sono sostituiti i premolari e compaiono gli ultimi molari.
Rispettivamente a 36 (32-38) e a 40 (35-45) mesi compare il terzo incisivo ed il canino definitivi.
A 45 mesi la dentizione è completa (COUTURIER 1938, KNAUS e SCHRODER 1975).
I denti hanno una struttura particolarmente robusta che limita estremamente
l’usura.
Gli zoccoli hanno forma triangolare con pinzette lunghe, più allungate e a bordi concavi negli arti
anteriori, più corte ed ovali a bordi convessi in quelle posteriori; le due
dita possono essere ampiamente divaricate e tra esse è sottesa una plica
cutanea interdigitale che può svolgere una funzione di sostegno su terreno
innevato.
Sono presenti ghiandole interdigitali, inguinali e, particolarmente sviluppate ed evidenti nei maschi
durante il periodo degli amori, due ghiandole retrocornali, di forma ovale, (g.
sovraoccipitali) secernenti una sostanza dall’odore penetrante che, deposta
tramite lo sfregamento dell’occipite contro ramoscelli ed arbusti, svolge una
funzione di “marcaggio” probabilmente connesse ad un comportamento di tipo territoriale.
Le femmine hanno 4 mammelle inguinali.
Tra i sensi è particolarmente sviluppato l’olfatto; buona la vista, soprattutto
per quanto concerne l’ampiezza del campo di visuale, la notevole
adattabilità a diverse condizioni di luminosità (BLAHOUT 1969) , la percezione
dei movimenti, nonchè l’udito.
Femmine e piccoli emettono una sorta di belato mentre i maschi durante gli amori un suono rauco,
gutturale, simile ad un grugnìto un segno di inquietudine è rappresentato dal sibilo prodotto
dall’aria emessa con forza attraverso le narici.
>HABITAT: il Camoscio delle Alpi è specie tipica dell’orizzonte montano, subalpino
e alpino, ove frequenta le aree forestali di latifoglie e conifere ricche di sottobosco ed intervallate da
pareti rocciose e scoscese, radure e canaloni, i cespuglieti a Ontano,
Rododendro con Larici sparsi, le boscaglie a Pino mugo, le praterie , i margini
delle pietraie e soprattutto le cenge erbose al di sopra dei limiti della
vegetazione arborea sino all’orizzonte nivale.
In relazione alla diversità degli ambienti frequentati si potrebbe addirittura parlare di due ecotipi
diversi: un C. di bosco , dalla struttura più tozza; pesante, mantello più
scuro in autunno ed un camoscio che frequenta d’estate le quote più elevate
oltre il limite del bosco, sino ai 3000 m. di quota.
Non si tratta comunque di popolamenti isolati ed anche questi C.
“di cima” si abbassano durante l’inverno ai limiti della foresta ed entro il
bosco ovvero si portano sui versanti più ripidi e dirupati ove la pendenza impedisce
l’accumulo della neve.
La colonizzazione di vaste zone boscate di media e bassa
montagna, nonchè di ampie zone aperte di pascolo, è da registrarsi praticamente
in tutto l’arco alpino e da connettersi sia con la contrazione della presenza
antropica sia con l’assenza di grossi predatori che un tempo ne limitavano la
presenza al bosco ed alle zone aperte più impervie.
In alcuni settori delle Prealpi il limite altitudinale inferiore della specie raggiunge quote
notevolmente basse (400-500 m) in boschi di castagno, orniello, Carpino.
L’habitat del C. d’Abruzzo è costituito, dalla tarda primavera sino al tardo autunno dalla praterie
d’altitudine, oltre i 1700 m.; con le prime nevi, dopo gli amori, vengono
occupate le aree di svernamento costitui dalle pendici scoscese boscate e
cespugliate delle valli, tra i 1300 e i 1700 m.; i maschi adulti occupano di
preferenza le faggete, mentre le zone più impervie, con pareti rocciose
strapiontanti intervallate da cenge della Camosciara e del Vallone della
Maddalena sono ricercate dalle femmine durante il periodo dei parti.
BIOLOGIA: specie di abitudini prevalentemente diurne il pascolo avviene molto presto al mattino
non protraemdosi di norma (durante l’estate) alle 9; poi gli animali cercano
riparo al caldo in un luogo ombreggiato, sotto alberi o arbusti, su cenge
riparate od anche in pieno sole su chiazze di neve ove restano, ruminando, sin
verso le 16—17 quando il pascolo riprende portando gradatamente i Camosci
verso il luogo di riposo notturno.
Il riposo può essere interotto per l’assunzione di nuovo cibo verso metà giornata; il
pascolo è più frammentato nelle aree boscate e durante l’inverno.
Il regime alimentare varia, in termini sia qualitativi che quantitativi in relazione alle
disponibilità di alimento ed allo stato fisiologico degli animali nel Corso
dell’anno e nelle varie zone dell’arco alpino. Studi condotti da vari autori
(A.A.V.V. in DUNANT 1977) permettono di includere nella dieta del Camoscio ben
300 specie vegetali: da dicembre a marzo l’alimento è poco diversificato,
composto principalmente da erbe secche, foglie e ramoscelli di arbusti, aghi di
resinose, licheni.
Tra le Specie più utilizzate: Carex sp., Festuca vallesiaca,
Koeleria cristata, Sesleria coerulea, Sempervivum tectorum, Silene nutans,
Arctostaphyllos uva-ursi, Vaccinìum myrtillus, Juniperus communis, Abies alba nonchè,
tra i licheni Cetraria islandica, Cladonia rangiferina, Parmelia.sp.,
Ramalina Sp., Usnea Sp., Letaria vulpina.
Da metà marzo a fine maggio germogli di graminacee e dicotiledoni
spesso ricercate ai margini della neve in scioglimento.
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Valsaviore
pino cembro
pino cembro
"larasì"
valle Adamé
"malì"
alta val Malga
Baitone
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