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Le rocce sono aggregati naturali
di uno o più minerali, talora anche di sostanze non cristalline, che costituiscono
sulla Terra masse geologicamente indipendenti e cartografabili. |
IMMAGINI
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Il processo magmatico
Le rocce magmatiche (o ignee) sono il prodotto finale del consolidamento di un magma
massa fusa di composizione essenzialmente silicatica, ricca di elementi volatili, formatasi
nelle profondità terrestri per fusione di masse solide preesistenti. La fusione
diretta dell’involucro terrestre immediatamente sottostante alla crosta,
sulla quale noi viviamo, cioè il mantello, dà origine al magma primario (o
primordiale), di composizione essenzialmente basaltica , dal quale derivano
per differenziaziono quasi tutte le rocce emesse in superficie durante le
eruzioni (rocce vulcaniche o effusive) o iniettate nella crosta a varie profondità
(rocce ipoabissalì o filoniane). Invece la fusione profonda di masse di origine superficiale, lentamente sprofondate per motivi di equilibrio isostatico fino a raggiungere la temperatura di fusione di alcune loro porzioni basso-fondenti, dà origine a masse magmatiche o magmi anatettici. Essi sono fortemente viscosi, perché ricchi di componenti ancora solidi legati da una pellicola di fuso, sono scarsamente dotati di possibilità di muoversi, oppure si muovono verso l’alto solo come propaggini (apofisi e filoni) limitate e, infine, hanno una composizione non basaltica ma nettamente granitica. Questi magmi tendono quindi a ricristallizzare in condizioni profonde (rocce plutoniche o intrusive). Magma primario basaltico e magma anatettico granitico si evolvono con modalità differenti e mostrano scarsa affinità reciproca, benché sia dimostrato sperimentalmente che da un magma basaltico si può ottenere, per cristallizzazione frazionata, una roccia di composizione granitica (il processo inverso non è però possibile). Anche geologicamente le rocce delle due stirpi tendono a mantenersi separate: basalti e rocce derivate costituiscono la quasi totalità delle rocce vulcaniche e sono estesi soprattutto sul fondo degli oceani; graniti e derivati costituiscono la maggior parte delle rocce plutoniche e sono estesi soprattutto nei continenti sotto forma di grandi corpi più o meno profondi (batoliti). Rocce di composizione intermedia tra basalti e graniti, in gran parte dovute a mescolanza tra materiale indisciolto e nuovo magma (rocce sintettiche o ibride) o derivate da situazioni di non raggiunto equilibrio, sono poco frequenti e limitate a zone geologicamente circoscritte ed eccezionali. Il basalto primordiale, dopo la sua formazione per fusione parziale della roccia ultrafemica costituente il mantello, o viene direttamente a giorno attraverso fessure profonde ed estese linearmente (basalto fissurale, tipico, per esempio, nel Deccan e catena Medio-Atlantica), o si evolve per un processo di variazione chimica (differenziazione), durante il quale dà origine a magmi di composizione via via diversa. A partire dalla temperatura di fusione del basalto (oltre i 1200°C), i primi minerali a cristallizzare sono alcuni metalli nobili (platino), solfuri e spinelli (magnetite), che costituiscono i cosiddetti componenti accessori, non essenziali cioè a definire il tipo di magma. Seguono poi i silicati ricchi di ferro e magnesio (olivine), poi via via quelli contenenti calcio, potassio e sodio e arricchiti di silicio (pirosseni), infine quelli contenenti acqua (anfiboli e miche). La serie di reazioni mineralogiche in rocce basaltiche, studiata per primo da N. L. Bowen, è rappresentata da due rami paralleli: uno è la serie “continua’, che riguarda i feldspati di tipo plagioclasico, ciascuno dei quali, dopo la cristallizzazione, reagisce di nuovo col liquido adattando la composizione all’abbassamento di temperatura e passando cosi, in modo continuo, da termini ricchi di calcio (anortite) a termini ricchi di sodio (albite>). Il secondo dei due rami è la serie “discontinua”, in cui i minerali formati per primi reagiscono a temperatura fissa col liquido e ne vengono totalmente riassorbiti producendo un nuovo minerale, per esempio con la reazione: olivina — iperstene — augite — orneblenda — biotite. Il residuo di entrambe le serie, che è composto essenzialmente da silice, alcali e acqua, cristallizza per ultimo, dando le pegmatiti (rocce costituite da quarzo, albite. ortoclasio, muscovite e minerali rari) a temperatura attorno ai 600° C. I fluidi residui, essenzialmente acquosi, producono vene idrotermali, fumarole ed esalazioni. La differenziazione può essere interrotta a qualsiasi stadio per azioni meccaniche che portano all’intrusione o all’effusione, cioè a variazioni praticamente improvvise delle condizioni di pressione e di temperatura, con un raffreddamento più o meno rapido della massa, sotto forma di apofisi, laccoliti, filoni o, direttamente, di colate laviche. In essi risulta quindi una tessitura porfirica data da grossi cristalli dei minerali preformati in una pasta di fondo pure composta da minerali cristallizzatisi rapidamente, oppure da vetro. Il magma granitico si forma per fusione differenziale di rocce preesistenti molto più eterogenee, come composizione, del mantello e quindi presenta una sfumatura molto più varia di composizioni. Il tipo di roccia finale si evolve in funzione: - a) della composizione delle rocce di partenza e della loro eventuale eterogeneità; - b) della temperatura crescente alla quale è avvenuta la fusione (più alta è la temperatura, piu ricca in componenti basici è la roccia); - c) della durata del fenomeno anatettico; - d) della disponibilità e della mobilità dei componenti volatili, la cui presenza favorisce sia la fusione sia l’omogeinizzaziorìe delle masse. Solo piccole porzioni, in cui si concentrano i gas, acquistano capacità di intrudersi sotto forma di plutoni circoscritti (graniti. sieniti), filoni e ammassi (pegmatiti e apliti) o addirittura di raggiungere la superficie terrestre, effondendosi in grandi coltri di ignimbriti e porfidi e, qualche volta, come colate laviche (rioliti). La maggior parte del materiale rimane in posto, sotto forma di immense strutture profonde sfumanti nelle rocce soprastanti o vicine, che ne risultano permeate (migmatiti). Le porzioni quasi totalmente fuse, ricche di elementi volatili e con capacità di intrudersi, presentano un ordine di cristallizzazione in qualche modo analogo a quello delle rocce intrusive di derivazione basaltica, cioè con i componenti accessori per primi (spesso ereditati dal materiale di partenza dell’anatessi), poi quelli poveri di silice e ricchi di ferro e magnesio (orneblenda, biotite) e infine i feldspati e il quarzo. Data la grande abbondanza di elementi volatili le relazioni tra le singole fasi sono però molto complesse e certe volte persino contraddittorie, fino a dare fenomeni di riequilibrazione che rientrano in parte in quello che viene detto processo autometamorfico. Questo comporta una serie di ricristallizzazioni di minerali preesistenti con formazione di nuovi, tipici di bassa temperatura, generalmente ricchi di acqua. |
processo sedimentarioLe rocce sedimentarie, che coprono i 3/4 delle terre emerse, sono il prodotto della trasformazione di rocce preesistenti dovuta alla gravità, agli agenti atmosferici e agli organismi viventi.Propriamente, esse sono il prodotto del consolidamento di sedimenti, cioè di materiali sciolti dovuti ad accumulo meccanico di frammenti più o meno grossolani (sedimenti clastici) o a precipitazione da soluzioni con o senza l’intervento di organismi che fissano i sali dell’acqua (sedimenti organogeni e chimici). Il processo sedimentario clastico comprende più stadi. Si inizia con l’alterazione del materiale originario da parte degli agenti soprannominati: ciò porta alla formazione, al di sopra della roccia intatta, di un suolo, il cui spessore è funzione del tipo d’agente d’alterazione, della durata del fenomeno, della natura del materiale e delle possibilità di asportazione dei prodotti incoerenti formatisi. Il trasporto avviene comunemente in acqua, prima nei ruscelli, poi nei fiumi e infine nel mare (correnti e moto ondoso), ma può essere anche dovuto al vento, ai ghiacciai, alla gravità e perfino a organismi. Esso produce in genere una classificazione del materiale in base alle dimensioni, al peso specifico o al chimismo. Nel trasporto in acqua bisogna distinguere il materiale semplicemente rotolato da quello trasportato in sospensione o direttamente in soluzione. Il terzo stadio del ciclo d’erosione è rappresentato dal deposito ed è il più importante perché imprime al sedimento le caratteristiche tessiturali definitive. In base all’ambiente di deposito, i sedimenti si distinguono in continentali e marini. I primi possono essere subaerei, come i detriti di frana, le sabbie eoliche dei deserti, il loess periglaciale; subacquei nei tipi: fluviale, costituito soprattutto da ghiaie e sabbie abbastanza arrotondate, lacustre con sabbie, limi e argille, lagunare pure costituito soprattutto da limi e argille con talora intercalati livelli di evaporiti, cioè sali precipitati da soluzioni soprassature, deltizio, formato da materiali diversi molto ben selezionati in ordine di grandezza. I sedimenti marini sono costituiti da una mescolanza di materiale detritico più o meno grossolano, spesso rimaneggiato, di preesistenti sedimenti continentali con materiale derivante dalla precipitazione chimica o biochimica dei sali contenuti nell’acqua del mare e con residui dell’attività organica presente in tali acque (scheletri, gusci, ecc.). Essi si distinguono, in base alla profondità dell’acqua in cui si sono depositati e alla distanza dalla costa, in pelagici, prevalentemente fini e silicei, neritici, più grossolani, con strutture complesse dovute alla circolazione di acque e all’attività degli organismi, e intercotidali, formatisi in delta, lagune, barriere coralline, spesso caotici e solitamente misti a materiale organico. Il processo sedimentario chimico e biochimico consiste nella precipitazione, essenzialmente, di sali inorganici o di sostanze utili agli organismi per la loro sopravvivenza. Si tratta soprattutto di carbonato di calcio e subordinatamente di fosfato di calcio e idrossidi di ferro e silice. Il primo precipita sia in ambiente continentale sia, soprattutto, marino, spesso mescolato a carbonato di magnesio e a limi silicatici finissimi, a profondità d’acqua non eccessive. Grande ruolo giocano nella sua fissazione gli organismi animali e vegetali che se ne servono per la formazione dello scheletro, del guscio o di impalcature e dal cui accumulo post-mortem derivano masse stratificate estesissime. Sotto una certa profondità di acqua, il carbonato di calcio si ridiscioglie, per cui i depositi abissali risultano costituiti, quasi esclusivamente, da silice in gran parte dovuta all’accumulo di resti di organismi o alla precipitazione da soluzioni calde di origine vulcanica contenenti anche manganese e ferro (cherts). I depositi fosfatici e ferrosi hanno invece origine prevalentemente continentale: i primi derivano dall’accumulo di scheletri di vertebrati o di escrementi; i secondi da fissazione batterica del ferro in soluzione nell’acqua delle paludi. Un tipo più raro, ma importante, di sedimento chimico è costituito dalle evaporiti, derivate, come dice il nome, dalla evaporazione di acque salate prevalentemente marine in bacini chiusi, con precipitazione di sali (soprattutto cloruri e solfati di elementi alcalini) che nelle acque normali e in climi non tali da favorire evaporazione rimangono in soluzione. Lo stadio finale del processo sedimentario è costituito dalla litificazione, cioè dalla trasformazione del sedimento sciolto in roccia coerente per eliminazione dei vuoti intergranulari; questo avviene sia per semplice compattamento, sia per precipitazione chimica di un cemento legante i granuli detritici. Questo stadio si completa con la diagenesi, una ricristallizzazione parziale dovuta alla pressione di carico dei sedimenti soprastanti, alla dissoluzione e allo scambio chimico selettivo operato dalle acque congenite, che spesso porta alla formazione di rocce di composizione particolare (per esempio, le dolomie). |
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Il processo metamorfico
Il metamorfismo è il complesso delle reazioni chimico-fisiche, allo stato solido,
con le quali una roccia di qualsiasi tipo si adegua a un nuovo ambiente. |
Il ciclo petrogenetico
Dalla formazione di magma
basaltico primordiale, per fusione parziale del mantello, alla rigenerazione di
magma anatettico granitica nella profondità della crosta, si compie l’intero
ciclo petrogenetico, a cui sono sottoposte, in modo più o meno completo, tutte
le rocce terrestri. Ne costituiscono stadi possibili e successivi l’intrusione
e l’effusione del magma, che comprende l’intero processo magmatico. |
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RICONOSCIMENTO E STUDIO DELLE ROCCE
Le rocce sono aggregati di
minerali: pertanto condizione necessaria per il loro riconoscimento è l’identificazione
delle specie mineralogiche che esse contengono. Questa, però, non è condizione
sufficiente: |
Sulla base del processo di
formazione, le rocce si dividono in tre grandi gruppi (magmatiche, sedimentarie
e metamorfiche), ciascuno dei quali è ulteriormente suddiviso secondo vari
criteri, purtroppo non ancora accettati da tutti, perché in gran parte eterogenei.
Una certa uniformità di vedute è stata raggiunta per le rocce magmatiche, sulla
base di un criterio mineralogico quantitativo, ma molto resta da fare per
quelle sedimentarie e, in minor misura, per quelle metamorfiche, nelle quali
il criterio strutturale-tessiturale sembra avere più importanza di quello
puramente mineralogico.
Rocce magmatiche
Una prima suddivisione di queste rocce è fatta su basi di
ambiente geologico (profondità di messa in posto), a cui corrispondono diverse
condizioni di pressione esercitantesi su di esse al momento della
cristallizzazione. Si distinguono quindi in: |
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Rocce sedimentarie
Queste rocce sono classificate non
tanto in base al processo di disgregazione delle rocce preesistenti da cui
derivano, quanto al meccanismo di deposito che è responsabile della loro
tessitura e struttura finale. Come si vede la classificazione
delle rocce sedimentarie è improntata a un criterio totalmente diverso rispetto
a quella delle rocce magmatiche. |
Rocce metamorfiche
Anche la prima classificazione
delle rocce metamorfiche si basa su criteri genetici, è cioè ordinata dal tipo
di azione che ha condotto alla ricristallizzazione della roccia-madre. Solo in
modo subordinato si tiene conto della natura di quest’ultima distinguendo
metamorfiti orto e para, secondo che derivino da
rocce magmatiche o sedimentarie. |
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I collezionisti di rocce sono molto
meno numerosi di quelli di minerali, ma, non per questo, una raccolta
petrografica deve costituire fonte di minore soddisfazione.
Sotto l’aspetto scientifico e anche estetico, una collezione di campioni petrografici può avere
valore ancora maggiore di una di minerali ed è senz’altro più facile da
organizzare, almeno nelle fasi iniziali, Gli strumenti indispensabili per la
raccolta sono semplici (mazza, martello, punte e scalpelli), I luoghi migliori
di raccolta sono gli intagli freschi, dove non esistono patine d’alterazione
(cave, miniere, scassi artificiali, frane, ecc.). I campioni devono avere
dimensioni adeguate alla grana della roccia e ad eventuali caratteristiche da
mettere in evidenza.
Il campione, per consuetudine, è modellato a forma di
parallelepipedo di 10X5X3 cm. con le due superfici maggiori regolari e con
bordi rettilinei e smussati, facendo però in modo che non si vedano i segni dei
colpi del martello.
E’ sconsigliabile raccogliere
campioni e poi sagomarli a forma di lastrine, benché alcuni collezionisti
preferiscano questo tipo di campione, anche con una faccia lucidata. La
identificazione dei campioni si fa con i vari metodi, su un frammento del
campione da conservare; ad esso va eventualmente allegata la sezione sottile.
L’archiviazione si effettua con le stesse cure già descritte per i campioni
mineralogici, tenendo presente che quelli di roccia, benché più voluminosi,
sono anche meno fragili e possono essere conservati in contenitori meno
raffinati di quelli consigliabili per i minerali.
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LE METEORITI
Le meteoriti sono corpi solidi,
provenienti dallo spazio cosmica, che cadono sulla Terra. Hanno dimensioni
molto variabili: da una polvere fine a blocchi di parecchie tonnellate e,
durante il passaggio nell’atmosfera, si riscaldano in superficie per attrito
fino a raggiungere la temperatura di fusione. |