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Escursioni al lagod'Arno

Arno Salarno Adamé

Sentiero degli invasi idroelettrici




vedretta Val di Fumo


lago di Campo e di Bissina


lago di Campo e di Bissina


lago di malga Bissina


Caré Alto

Sistema degli impianti Idroelettrici dell'Alto Chiese
corografia

riporto dal volume:
ADAMELLO vol.I di Pericle Sacchi – guide CAI – TCI - 1984

cap. 4 - IMPIANTI IDROELETTRICI DELL’ADAMELLO - SISTEMA ALTO CHIESE
la descrizione a firma Giorgio Rossi

Gli impianti dell’Alto Chiese vennero costruiti negli anni 1954-1960. L’o­pera più cospicua è senz’altro costituita dalla diga di Malga Bissina.
La diga, del tipo «Marcello» a gravità alleggerita, sbarra la Val di Fumo in cor­rispondenza di una soglia rocciosa di tonalite e forma là, dove c’era un antico specchio lacustre interrato, un serbatoio di 60 milioni dì m3 a quota 1788 m s.m. La diga è rettilinea ed ha una larghezza al coronamento di m 563,4 ed una altezza sul punto più depresso delle fondazioni di m 84.

Il serbatoio alimenta mediante una galleria in pressione la centrale di Boazzo (potenza 95.000 kW) Situata lri caverna in prossimità della sponda destra dell’omonimo lago artificiale. Anche questo serbatoio è stato ricavato in corrispondenza di una antica conca glaciale sbarrata con una diga parte a gravità alleggerita e parte a gravità massiccia. Il serbatoio ha una capacità dì 11,8 milioni di m3 alla quota di 1224,5 m s.m.

Dal serbatoio si dìparte una lunga galleria in pressione che corre lungo la sponda destra della Vai di Daone e che alimenta la centrale di Cimego si­tuata a quota 490 m s.m. in orografica destra poco a valle dell’abitato di Pieve di Bono. Nella centrale sono installati due gruppi ad asse orizzontale turbina Pelton-alternatore con una potenza complessiva di 220.000 kW. Completa l’impianto di Cimego una lunga galleria di gronda che immette nella galleria in pressione proveniente dal serbatoio di Boazzo le acque rac­colte a quota 1300 circa lungo la sponda orograftca destra della valle del Chiese.

situato a Ponte Morandin in Val di Daone alla quota di 717 m s.m., alimenta un gruppo di 9.000 kW installato nella stessa centrale di Cimego. Infine le acque scaricate dalla centrale di Cimego vengono raccolte in un ser­batoio antistante la centrale stessa per essere immesse in una lunga galleria in pressione che correndo in orografica sinistra della valle del Chiese le ad­duca alla centrale di Storo dove vengono utilizzate su un salto di 94 m circa con una potenza di 20.000 kW.

Complessivamente gli impianti dell’Alto Chiese hanno una potenza instal­lata di 345.000 kW ed una producibilità media annua di 670 milioni di kWh.

Copertura cellulare: la Val di Fumo è coperta dal segnale Wind, almeno nella sua parte centrale, in corrispondenza del lago di malga Bissina.


Val di Fumo


lago di malga Bissina


val di Fumo in inverno


diga di malga Bissina


val di Fumo: verso passo del gatto



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da: web-site enel - 2007 -

"La diga racconta"


Continua fino al 19 agosto, all'interno dell'impianto Enel di Malga Bissina (TN), la mostra fotografica

"La diga racconta - Gli uomini, l'ambiente, l'energia" che ripercorre i 50 anni di attività di questa grande opera frutto dell'ingegno e del lavoro dell'uomo"

Le immagini storiche della costruzione e una serie di iniziative per celebrare l'importante anniversario di una grande opera, frutto dell'ingegno e del lavoro dell'uomo.

E', infatti, la prima volta che una simile iniziativa trova spazio all'interno di un manufatto così particolare come la diga di Malga Bissina.

La struttura mantiene fede così alla propria originalità:
nel '57 fu la prima diga (nota mia: no! - prima ci fu: Poglia, Pantano, Sabbioni ed altre...) ad essere realizzata secondo un criterio costruttivo innovativo, detto 'a gravità alleggerita' o del tipo ing. Marcello, dal nome del progettista.

La diga, a 1800 metri di quota,
ha un'altezza di 87 metri,
una lunghezza di 561,
una capacità di 60 milioni di metri cubi d'acqua,
ed è costituita da 22 elementi cavi alti fino a 30 metri.

Tale tecnica costruttiva, pur garantendo una straordinaria solidità, consentiva infatti di ridurre sia i tempi di costruzione sia la quantità di materiali impiegati.

Per l'allestimento dell'ambiente e l'esposizione delle gigantografie fotografiche sono stati utilizzati i tipici materiali da cantiere - travi di legno e tubi per impalcature - per rimanere in armonia con un luogo che conserva intatte le tracce dell'opera di centinaia di operai e nel quale trovano posto gli strumenti del lavoro di oggi, ovvero quegli strumenti tecnologici che controllano istante per istante la grande diga.

Con questo appuntamento Enel celebra così questo anniversario della Diga Malga Bissina, che non è soltanto il più grande bacino Enel in provincia.

La diga è soprattutto una testimonianza delle competenze ingegneristiche del nostro Paese e un monumento straordinario alla storia di migliaia di persone che la costruirono.
Visitare la mostra significa fare un immaginario viaggio nella storia all'interno di un ambiente che lascia senza fiato ogni persona che lo visita.

La diga
La diga fu costruita in soli 3 anni, tra il 1955 ed il 1957.
Nel bacino vengono anche raccolte le acque del torrente Danerba che vengono qui convogliate con un canale di 4.300 metri, parte dei quali in galleria.

Le acque alimentano "in cascata" tre centrali - Boazzo, Cimego e Storo - che presentano complessivamente una capacità installata di 346 Megawatt ed una producibilità media annua di 620 milioni di chilowattora, l'energia necessaria ogni anno a circa 250.000 famiglie o al lavoro di circa 150.000 operai.

Per la realizzazione degli impianti fu necessario:

3 milioni di giornate lavorative:
nel giugno 1955, con 3660 operai, fu toccata la massima presenza di persone impegnate nei cantieri;

oltre 2,5 milioni di quintali di cemento armato, pari a 2 volte il peso del duomo di Milano;

scavare 950 mila metri cubi di roccia e terreno;

costruire 900 mila metri cubi di muratura, pari a quelli occorrenti alla costruzione di 10 mila vani di abitazione di 100 mq ciascuno.



da web-site progettodighe.it


Vajont - 2007


diga di malga Bissina
ottobre 1956


diga di malga Bissina
luglio 1957


diga di malga Bissina
agosto 1957


diga di malga Bissina
ottobre 1957



Osservazioni - Ricordi personali -

Quando iniziarono i lavori di malga Bissina grande fu la meraviglia e la curiosità in Valsaviore; basti pensare che la val di Fumo, pur essendo in provincia di Trento, di fatto era più vicina alla Valsaviore ed alla Valcamonica di quanto non lo fosse a Daone.

Infatti, oltre al Comune di Saviore, proprietario delle malghe Breguzzo, Campo di Sopra, Campo di Sotto, Re di Castello, Cerudine, in Val di Fumo e Daone tenevano malghe e pascoli anche i Comuni di Paspardo (malghe Bissina, Ervina, Pietra Fessa e Latola) e di Cimbergo (malghe Leno, Gello, Gelino).

"I MUCC DE L'AITÆR" era la denominazione dialettale usata per nominare tutte le malghe sopra citate; per noi della Valsaviore era rimasto un pezzo di mondo antico, primitivo, non ancora antropizzato, nonostante per due mesi in estate fosse animato dalle malghe e per alcuni mesi dell'anno soggetto alle scorribande dei cacciatori di frodo, attraverso la conca d'Arno, la valle Adamé o il passo Ignaga, e frequentato, soprattutto il lago di Campo e di Copedello (Sarusan) durante il periodo (tarda primavera) di "caccia alle rane".

Dal punto di vista ambientale paesaggistico la val di Fumo era come le nostre valli superiori della Valsaviore eppure fino al 1950 l'uomo era praticamente non presente e fino agli stessi anni vi sopravvissero gli ultimi esemplari di orso bruno prima della loro completa estinzione nelle alpi centrali.

Durante la stagione dei funghi porcini, negli anni '50 ci furono anche dei gruppi di ragazzi di Isola che organizzarono campagne di ricerca nelle vicinanze di malga Bissina; raccoglievano e facevano essicare in loco considerevoli quantità di funghi e dopo la permanenza di alcuni giorni tornavano con alcuni Kg di funghi secchi ciascuno; fu in una di queste spedizioni che segnalarono, forse per l'ultima volta, la presenza di un esemplare di orso bruno, di notte fuori dalla baita della malga.

Se si pensa che nella conca d'Arno e in valle Adamé la permanente presenza umana, per i lavori idroelettrici, risale agli inizi del '900, e le zone sono assai vicine alla val di Fumo, ben si comprende l'interesse per l'antropizzazione annunciata e l'aurea di mistero che prima godeva.



Non ricordo esattamente che anno fosse la prima volta che andai in val di Fumo; eravamo negli anni '50 del '900.
Ero "in vacanza" presso la centrale di Campellio con mio fratello e mio padre (orgogliosamente "turbinista" in centrale) lui faceva il turno di notte, così che io e mio fratello dormivamo nel suo letto e in quello del suo collega in servizio, che di giorno occupavano loro.

Alle sei di mattina, dopo i lunghi preparativi del giorno prima, con approvvigionamento dei viveri speciali presso il magazzinetto (biscotti e cioccolato) e le uova sode in cucina, alla fine del turno di notte di mio padre, subito colazione e partenza verso il passo di Campo.

Dal passo di Campo, dove per altro c'eravamo già stati l'anno precedente a raccogliere stelle alpine, scendemmo al lago di Campo e da qui prendemmo un sentiero a mezza costa che risale la val di Fumo verso la "goia di Narvena" e "pra de Fassa", per raggiungere poi il sentiero per il passo di Forcel Rosso; finalmente potemmo ammirare dall'alto la "famosa" val di Fumo, percorsa dalle impetuose acque del "Ces" (fiume Chiese).

La valle era ancora integra: i segni dell'imminente futuro erano visibili solo nella parte inferiore della valle: dove giacevano, tagliati e parzialmente decorticati di recente - e quindi ben visibili anche da lontano - centinaia di alberi lungo un percorso che si intuiva essere quello della futura strada; nella piana di Bissina c'era, ed era attiva la malga.



Ritornammo l'anno successivo: questa volta scendemmo, dal sentiero che passa a destra dell'emissario del lago di Campo, fino al fondovalle: una strada asfaltata larga sei o sette metri solcava la valle (in Valsaviore la strada provinciale n° 6 verrà asfaltata dieci anni dopo!); decine e decine di fabbricati costellano il fondo valle: sono quasi tutti in muratura a piano terra e in legname al piano superiore.

Chiediamo il permesso per transitare lungo sentiero che per raggiungere la malga attraversa la zona dove si stanno scavando le fondazioni; ci viene detto che fino a mezzo giorno si può passare, poi, dal suono delle sirene no perchè ci sarà lo sparo mine, fino all'una.

Noi andammo fino alla malga, dove il malghese ci offrì da bere il "lat de buter" fresco.
Visitammo anche una costruzione in legno (una specie di baracca a due piani aperta su un lato come a formare un portico); era di una ditta di Bolzano che raccoglieva le ramaglie dei pini mugo che venivano tagliati in quanto destinati ad essere sommersi; li tranciavano con una specie di taglierina centrifuga che li convogliava su una specie di soppalco da dove alimentavano un silos; ci dissero che gli estratti erano destinati all'industria farmaceutica.

Durante l'intervallo di mezzo giorno, proprio quando noi eravamo in malga, e dopo lo sparo mine, sentimmo ancora per un po' delle sirene, questa volta di ambulanze; un conoscente di mio padre, di Valle di Valsaviore, incontrato per caso nell'attraversare il cantiere, al ritorno, ci informò che durante lo sparo mine alcuni frammenti di roccia vennero proiettati a notevole distanza, tanto da investire uno dei refettori e attraverso le finestre, colpire alcuni operai che erano a tavola.

Il ritorno al lago di Campo avvenne tramite il "nuovo" sentiero realizzato in sinistra orografica dell'emissario del lago di Campo, che consente, all'andata, di proseguire per la val Fumo by-passando il cantiere.


malga Bissina - 1956

foto da web-site progettodighe.it


diga di malga Bissina


malga Bissina - 1978

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Last updated 23.12.2007