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Escursioni al lagod'Arno
Arno
Salarno
Adamé
Sentiero degli invasi idroelettrici
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corografia |
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da: web-site enel - 2007 - "La diga racconta"
Continua fino al 19 agosto, all'interno dell'impianto Enel di Malga Bissina (TN), la mostra fotografica |
Osservazioni - Ricordi personali - Quando iniziarono i lavori di malga Bissina grande fu la meraviglia e la curiosità in Valsaviore; basti pensare che la val di Fumo, pur essendo in provincia di Trento, di fatto era più vicina alla Valsaviore ed alla Valcamonica di quanto non lo fosse a Daone. Infatti, oltre al Comune di Saviore, proprietario delle malghe Breguzzo, Campo di Sopra, Campo di Sotto, Re di Castello, Cerudine, in Val di Fumo e Daone tenevano malghe e pascoli anche i Comuni di Paspardo (malghe Bissina, Ervina, Pietra Fessa e Latola) e di Cimbergo (malghe Leno, Gello, Gelino). "I MUCC DE L'AITÆR" era la denominazione dialettale usata per nominare tutte le malghe sopra citate; per noi della Valsaviore era rimasto un pezzo di mondo antico, primitivo, non ancora antropizzato, nonostante per due mesi in estate fosse animato dalle malghe e per alcuni mesi dell'anno soggetto alle scorribande dei cacciatori di frodo, attraverso la conca d'Arno, la valle Adamé o il passo Ignaga, e frequentato, soprattutto il lago di Campo e di Copedello (Sarusan) durante il periodo (tarda primavera) di "caccia alle rane". Dal punto di vista ambientale paesaggistico la val di Fumo era come le nostre valli superiori della Valsaviore eppure fino al 1950 l'uomo era praticamente non presente e fino agli stessi anni vi sopravvissero gli ultimi esemplari di orso bruno prima della loro completa estinzione nelle alpi centrali. Durante la stagione dei funghi porcini, negli anni '50 ci furono anche dei gruppi di ragazzi di Isola che organizzarono campagne di ricerca nelle vicinanze di malga Bissina; raccoglievano e facevano essicare in loco considerevoli quantità di funghi e dopo la permanenza di alcuni giorni tornavano con alcuni Kg di funghi secchi ciascuno; fu in una di queste spedizioni che segnalarono, forse per l'ultima volta, la presenza di un esemplare di orso bruno, di notte fuori dalla baita della malga. Se si pensa che nella conca d'Arno e in valle Adamé la permanente presenza umana, per i lavori idroelettrici, risale agli inizi del '900, e le zone sono assai vicine alla val di Fumo, ben si comprende l'interesse per l'antropizzazione annunciata e l'aurea di mistero che prima godeva. Non ricordo esattamente che anno fosse la prima volta che andai in val di Fumo; eravamo negli anni '50 del '900. Ero "in vacanza" presso la centrale di Campellio con mio fratello e mio padre (orgogliosamente "turbinista" in centrale) lui faceva il turno di notte, così che io e mio fratello dormivamo nel suo letto e in quello del suo collega in servizio, che di giorno occupavano loro. Alle sei di mattina, dopo i lunghi preparativi del giorno prima, con approvvigionamento dei viveri speciali presso il magazzinetto (biscotti e cioccolato) e le uova sode in cucina, alla fine del turno di notte di mio padre, subito colazione e partenza verso il passo di Campo. Dal passo di Campo, dove per altro c'eravamo già stati l'anno precedente a raccogliere stelle alpine, scendemmo al lago di Campo e da qui prendemmo un sentiero a mezza costa che risale la val di Fumo verso la "goia di Narvena" e "pra de Fassa", per raggiungere poi il sentiero per il passo di Forcel Rosso; finalmente potemmo ammirare dall'alto la "famosa" val di Fumo, percorsa dalle impetuose acque del "Ces" (fiume Chiese). La valle era ancora integra: i segni dell'imminente futuro erano visibili solo nella parte inferiore della valle: dove giacevano, tagliati e parzialmente decorticati di recente - e quindi ben visibili anche da lontano - centinaia di alberi lungo un percorso che si intuiva essere quello della futura strada; nella piana di Bissina c'era, ed era attiva la malga. Ritornammo l'anno successivo: questa volta scendemmo, dal sentiero che passa a destra dell'emissario del lago di Campo, fino al fondovalle: una strada asfaltata larga sei o sette metri solcava la valle (in Valsaviore la strada provinciale n° 6 verrà asfaltata dieci anni dopo!); decine e decine di fabbricati costellano il fondo valle: sono quasi tutti in muratura a piano terra e in legname al piano superiore. Chiediamo il permesso per transitare lungo sentiero che per raggiungere la malga attraversa la zona dove si stanno scavando le fondazioni; ci viene detto che fino a mezzo giorno si può passare, poi, dal suono delle sirene no perchè ci sarà lo sparo mine, fino all'una. Noi andammo fino alla malga, dove il malghese ci offrì da bere il "lat de buter" fresco. Visitammo anche una costruzione in legno (una specie di baracca a due piani aperta su un lato come a formare un portico); era di una ditta di Bolzano che raccoglieva le ramaglie dei pini mugo che venivano tagliati in quanto destinati ad essere sommersi; li tranciavano con una specie di taglierina centrifuga che li convogliava su una specie di soppalco da dove alimentavano un silos; ci dissero che gli estratti erano destinati all'industria farmaceutica. Durante l'intervallo di mezzo giorno, proprio quando noi eravamo in malga, e dopo lo sparo mine, sentimmo ancora per un po' delle sirene, questa volta di ambulanze; un conoscente di mio padre, di Valle di Valsaviore, incontrato per caso nell'attraversare il cantiere, al ritorno, ci informò che durante lo sparo mine alcuni frammenti di roccia vennero proiettati a notevole distanza, tanto da investire uno dei refettori e attraverso le finestre, colpire alcuni operai che erano a tavola. Il ritorno al lago di Campo avvenne tramite il "nuovo" sentiero realizzato in sinistra orografica dell'emissario del lago di Campo, che consente, all'andata, di proseguire per la val Fumo by-passando il cantiere.
Arno Salarno Adamé Sentiero degli invasi idroelettrici home page Last updated 23.12.2007 |