La "VALSAVIORE" è una valle laterale della Valle Camonica, anzi
la principale per estensione e numero di bacini imbriferi di alta quota.
Si diparte dalla sinistra orografica della Valle Camonica, in corrispondenza dell'abitato di Cedegolo, ed è orientata in direzione Ovest-Est.
E' percorsa dal torrente Poglia (o Poia - Poja) che è il
maggiore affluente del fiume Oglio ed è alimentato
dalle acque provenienti dal gruppo dell'Adamello.
Il torrente Poia assume tale denominazione dalla quota
di circa 750 m s.l.m. in corrispondenza della
confluenza del Poia di Salarno nel ramo principale del Poia di Adamé.
Più a monte, a quota circa 850 m s.l.m., nel Poia di Adamé confluisce anche il torrente Arno
(o Poia d'Arno o rio Piz), proveniente dalla conca del lago d'Arno.
La Valsaviore è particolarmente affascinante nelle sue tre valli superiori: la Valle di Adamé (che è in posizione centrale), la Valle di Salarno che confluisce da destra, e la Valle del lago d'Arno da sinistra.
Il Favallini (Bonifacio G.B. Favallini, di Ponte di Legno) scrittore, nella sua opera "CAMUNNI" (1886) la descrive così:
"La Valle di Saviore dal Pian di Neve allo sbocco misura circa 22 chilometri
con una superficie di 115, de' quali 43 a boschi e pascoli, 9 a prati e campi, il resto
terreni incolti e rocce.
Vi troverai curiosa la scala, che da Lincino porta sull'Adamé; orrida la gola per le
cascate e i laghi d'Arno; degno di rimarco l'interramento del lago Salarno e la
transizione dalle rocce di sedimento alle plutoniche intorno al laghetto Massisso (2085)
Questi Valloni d'Arno, d'Adamé e di Salarno si innalzano a scaglioni successivi, sovra i
quali spaziano ampi pianori.
Appena raggiunti questi cigli pascolivi ti senti in viso la brezza dei ghiacciai e
l'animo allietarsi alla vista dell'imponente paesaggio e delle mandrie, che ti danno
il benvenuto.
L'aspetto di quei mandriani è quanto di più grottesco ti possa immaginare;
colla barba e le chiome incolte, le braccia e il petto tatueggiati,
il viso abbronzato, l'occhio acceso, essi ti rammentano i Satiri e i
Fauni della mitologia.
Li prenderesti però per pusillanimi se alla prima perplessità non subentrasse tosto
in loro quella ingenita cortesia, che li distingue, e guardandoti intorno non rabbrividissi
al pensare che ogni giorno si cimentano fra quei dirupi e quei ghiacciai.
Ma fra quelle solitudini, in quell'aria ossigenata l'uomo depone ogni baldanza; a che ti
gioverebbero infatti i pomposi paludamenti e i preziosi metalli?
Potrebbero forse gareggiare con quella natura così sovranamente poetica e fastosa?
Ne' poi ti diparti senza emozione accompagnato dai belati dell'armento e dai latrati
del fiero mastino, che ti guatava digrinando i denti:
geloso e fedele custode della mandria cara."
Lo studioso e alpinista
inglese Douglas W. Freshfield che frequentò le Alpi negli anni settanta dell’Ottocento,
così descrive, nella sua opera LE ALPI ITALIANE – 1875 - la sua salita in Valsaviore, a piedi da Cedegolo:
“La Val Saviore, che raggiunge la Val Camonica a Cedegolo, è un profondo, breve incavo che corre da
ovest a est.
I versanti sulla sinistra del suo torrente sono ripidi e disabitati.
Alta sopra di loro vi è una macchia bianca, appariscente contro il verde.
E’ una caverna di ghiaccio, dove la neve non si scioglie mai da un anno all’altro.
Il declivio opposto, di fronte al sole, è più dolce e i più importanti villaggi giacciono alti sul fianco del
monte.
Dietro ad essi due torrenti escono fuori da profonde gole, la Val Salarno e la Val Adamé, le testate delle quali sono racchiuse fra i rami del grande ghiacciaio dell’Adamello.
Una breve serpentina fra i tronchi e le radici di un vecchio castagneto ci portò all’altezza della valle
diritta ed a forma di trincea, dalla quale non si gode alcun panorama sui nevai
vicini.
Ma lo scenario ebbe appena il tempo di diventare monotono prima che
arrivassimo a Fresine, una piccola frazione di carbonai poco pulita, sulla riva
del torrente Salarno ed al piede del fianco settentrionale del monte.
Un poco oltre ci sono le poche case di Isola, così
detta per la sua posizione peninsulare fra il torrente che esce dalla Val Adamé
e il più piccolo ruscello del lago d’Arno".
Della Valsaviore, che tutta merita di essere visitata, noi scegliamo una porzione
e precisamente la parte più meridionale:
la conca d'Arno.
Essa è percorsa dal torrente Rio Piz, che esce dal lago d'Arno a quota 1800 m s.l.m. circa
ed in poco più di un km precipita lungo scivoli e cascate fino ai 900 m di Isola.
La parte centrale della conca è occupata dal lago d'Arno, lago di origine glaciale
da escavazione valliva; è il maggiore lago alpino della Valcamonica, è lungo
circa 2400 m , largo 430 m massimo ed ha una forma a esse allungata.
La conca è racchiusa tra i monti Re di Castello (2891 m), Frisozzo (2899), cima
Sablunera (2602) a meridione, la sega d'Arno a levante, il monte Campellio (2800 m)
e il monte Zucchello (2110 m) a settentrione.
Caratteristico è il monte Re di Castello per il suo "ghiacciaio" che costituisce il
nevaio permanente più meridionale di tutto il gruppo dell'Adamello.
Immediatamente a monte del lago vi è la "pozza d'Arno".
In origine era una pozza allagata in permanenza; nei primi anni del 1900,in occasione
dell'utilizzo a scopo idroelettrico del lago d'Arno (1910), quando ebbero inizio i lavori di costruzione della diga, poiché era previsto il parziale allagamento dell'area destinata alla malga, la società costruttrice
(Società Generale Elettrica dell'Adamello) in accordo con il Comune di Cevo realizzava una
galleria di scarico in modo da prosciugare la pozza e destinarla al servizio della
nuova malga ivi costruita.
Negli anni '80 sia per il degrado naturale che per eventi alluvionali la galleria
di scarico si è parzialmente ostruita ed ora la pozza torna ad allagarsi e quindi a
riportarsi nelle condizioni originarie; naturalmente la "nuova malga" è stata abbandonata
perché ormai lambita dall'acqua.
La conca del lago d'Arno è estremamente interessante dal punto di vista dello studio dell'antichità:
L'attuale sentiero (mulattiera, con segnavia CAI n° 20) che dal passo di Campo scende in sponda destra orografica della valle fino alle pendici del monte Zucchello, mantenedosi alla quota di circa 2000 m s.l.m., qui si biforca in due.
Il primo prosegue, aggirando il monte Zucchello verso la località "La Rasega", quindi verso la frazione di Valle (del Comune di Saviore dell'Adamello); il secondo (segnavia CAI n° 20b) scende a livello del lago d'Arno.
Da qui prosegue, con denominazione CAI n° 22, lungo il fianco sinistro orografico della Valsaviore, aggira il
monte Colombé per raggiungere Paspardo, quindi Cimbergo e poi Nadro e Capo di Ponte.
Poiché il passo di Campo mette in comunicazione con il lago di Campo, con la Valle di Fumo, quindi la Val Daone e le successive Valli Giudicarie, questo è un antico percorso di collegamento tra le Alpi Centrali e l'oriente alpino.
Ci sono infatti testimonianze di ritrovamenti di manufatti in selce in prossimità del lago di Campo (oltre il passo di Campo a quota di circa 1945 m s.l.m.) attribuiti al Mesolitico che testimoniano la frequentazione del percorso fin dall'antichità.
Inoltre, durante la costruzione della fondazione della diga del lago d'Arno (1910) furono rinvenuti dei reperti in bronzo:
- un'ascia e due spilloni; - "l'ascia è del tipo a margini elevati, abbozzo di alette mediane e tallone arrotondato
con incavo semicircolare, ed è databile ad una fase piuttosto antica del Bronzo medio; mentre degli spilloni,
uno è privo di capocchia, l'altro è del tipo a testa di papavero, databile al Bronzo tardo.
Databili tra il XVI e XII secolo a.C."
(da: "I Laghi Alpini del Bresciano"- Editoriale Ramperto - 1985.
Risultano anche dei ritrovamenti di un antico focolare, che fu oggetto di studi e di pubblicazioni da parte del Prof. Priuli, credo negli anni '80 (purtroppo non posseggo i dati bibliografici).
Credo anche di aver capito dall'amico don prof. Franco Bontempi, che sull'argomento ha in corso un poderoso studio, che si sta sviluppando una ipotesi affascinante relativa all'origine degli antichi camuni, come popolazione autoctona e portatrice, attraverso le sue manifestazioni incise sulle rocce, di quelle testimonianze di cui possiamo attualmente godere.
Questa ipotesi, se confermata, ci direbbe che il popolo dei Camuni ebbe origine attraveso un flusso di popoli provenienti dalle Alpi Orientali, che si insediò in Valsaviore e nel centro della Valle Camonica, attraversando le Valli Giudicarie, forse alla ricerca di miniere di rame, delle quali ci sono testimonianze, ancora da approfondire, nella zona (destra orografica della Valsaviore) compresa tra Saviore, Cevo, Berzo Demo e il dosso di Loa.
Indipendentemente da ciò che le ricerche future confermeranno, mi piace pensare che la Valsaviore sia la
"Valcamonica" della "Valcamonica" ed i loro abitanti
i discendenti diretti dei "Camunni" dei "Camunni"
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