Rifugio Garibaldi


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Sentiero degli invasi dell'Adamello

DESCRIZIONE

dal volume: L’Alta Via dell’Adamello
Un affascinante trekking nel cuore del parco adamellino
di Walter Belotti NORDPRESS edizioni 1995

IL RIFUGIO GIUSEPPE GARIBALDI

Il Rifugio Giuseppe Garibaldi si trova sulla sponda del Lago Venerocolo alla base della imponente pare­te nord dell’Adamello, in uno scenario di vette di in­comparabile bellezza. E’ il punto di arrivo dell’Alta Via dell’Adamello per chi la percorre nel senso da sud a nord.

Il rifugio è di proprietà della Sezione di Brescia del CAI e dispone di 120 posti letto con bi­vacco invernale sempre aperto. Nei pressi del rifugio è inoltre sistemata una piazzola per l’atterraggio de­gli elicotteri.

I gestori garantiscono l’apertura dal 20 giugno al 20 settembre offrendo pensione completa con cucina curata e familiare. A richiesta, nel perio­do primaverile, per gli appassionati dello sci-alpini­smo che vogliono salire al Passo Venerocolo, per gustare poi l’affascinante discesa del Ghiacciaio del Pisgana, il rifugio viene aperto a comitive di almeno 10 persone. E’ uno dei rifugi più frequentati per la sua strategica posizione nel cuore della catena ada­mellina.

Durante il primo conflitto mondiale il vec­chio Rifugio Garibaldi, ora sommerso dalle acque del Lago Venerocolo, costituiva il punto di partenza di tutte le operazioni belliche sul ghiacciaio del Pian di Neve.
Una serie di teleferiche collegavano il rifu­gio al Passo Garibaldi, oltre il quale una piccola città era stata costruita sul ghiacciaio. Intorno al rifugio erano inoltre collocate l’infermeria Carcano e la pic­cola chiesetta, ancor oggi testimone di un’architettu­ra di linee armoniose e di un profondo amore per le bellezze naturali.


Intorno al Rifugio Garibaldi sono possibili numerose arrampicate soprattutto sulle varie vie tracciate sulle impervie pareti dell’Adamello. Per coloro che vogliono anche solo sgranchirsi un po’ durante una pausa al rifugio, sono state attrezzate con spit due vie, una di 50 e una di 25 metri con difficoltà di 5° e lungo una placca posta a sinistra della Punta Ni­no Calvi, sulla cresta che divide il Bacino del Vene­rocolo dalla Valle dei Frati, a circa 30 minuti dal ri­fugio.

Al rifugio si accede da Temù percorrendo la Val d’Avio.
Percorsa in macchina la strada sterrata che da Temù sale alla Maiga Caldea, si continua a piedi lungo il segnavia n. 11 che porta ai Laghi d’Avio, salendo il ripido versante della "Sigosta", ora strada asfaltata.

Raggiunto il Laghetto d’Avio, si avanza pianeggian­ti, percorrendo la sponda orografica sinistra del Lago d’Avio e del Lago Benedetto, fino ai piedi della spu­meggiante cascata che precipita le sue copiose acque nella parte più orientale del lago. Risalito il breve salto di rocce denominato "Sigostino", si avanza an­cora in piano nel verdissimo pianoro paludoso della Malga Lavedole.

Superato il torrente si inizia la sali­ta del ripido e faticoso "Calvario", tra una rigogliosa vegetazione di Pini cembri. Superati più in alto i ru­deri di alcuni baraccamenti, la stradina, a tratti sel­ciata, avanzando tra massi e pascolo erboso, rag­giunge la piccola chiesetta dedicata alla Madonna dell’Adamello, tra vegetazione di Cardi spinosissimi dal color verde intenso. Lasciati a destra i fabbricati dell’ENEL, si raggiunge in breve il rifugio (ore 3.00) percorso facile 969 m. di dislivello).

PASSEGGIATE ED ESCURSIONI INTORNO AL RIFUGIO

Intorno al Rifugio Garibaldi sono possibili numerose escursioni, ma, per la sua collocazione ad una quota abbastanza elevata, sono tutte impegnative in quanto si svolgono prevalentemente sul ghiacciaio.

MONTE ADAMELLO m. 3539

Lasciato il rifugio, si segue per un tratto l’Alta Via dell’Adamello percorrendo tutto lo sbarramento del­la diga quindi si avanza in diagonale sulla morena che declina verso il Lago Venerocolo. Procedendo tra massi e pietraie si raggiungono i ruderi della sta­zione di partenza della teleferica militare per il Passo Garibaldi.

Si sale poi ripidi sul nevaio in direzione del passo, alla base del quale una catena consente di superare il salto di rocce creatosi a seguito del ritiro del ghiaccio. Compiuti alcuni tornanti su sfasciumi, si raggiunge il Passo Brizio e il Bivacco Zanon- Mo­relli. Da qui, scesi per pochi metri, si volge a destra e, lungo il ghiacciaio del Pian di Neve, si sale in di­rezione del Como Bianco, passando a sinistra della cresta dei Corni di Confine. Superata la crepacciata terminale, si raggiunge la cresta e si passa sul ver­sante opposto.

Compiuti alcuni metri in discesa, si fiancheggia il Passo degli Inglesi e si rimonta il ver­sante meridionale del Monte Falcone fino alla base della vetta. Per le roccette della ripida cresta nord-est si raggiunge la cima (ore 4.30 escursione impegnativa 986 m. di dislivello).

CIMA VENEROCOLO m. 3323

Lasciato il rifugio, si segue per pochi metri il sentiero che scende in direzione della chiesetta e, al primo bivio, si gira a destra seguendo il segnavia n. 42 che risale il versante orografico destro del Bacino del Venerocolo.
Si avanza su pascolo sassoso, regno di marmotte e di camosci, e, dopo aver superato il pa­letto utilizzato per le misurazioni nivometriche, si ri­monta il ripido vallone di grossi massi fino a sfocia­re al Passo Venerocolo che si affaccia sulla Vedretta del Pisgana.
Si volge a destra e si risale il crinale di rocce e massi, passando tra i ruderi di baraccamenti militari, fino a raggiungere il pianoro della vetta (ore 2.30 escursione di media difficoltà 770 m. di di­slivello).

MONTE DEI FRATI m. 3290

Si segue lo stesso itinerario descritto per salire alla Cima Venerocolo fino al Passo omonimo. Lasciato il passo, lambendo il ghiacciaio della Vedretta del Pi­sgana, si sale la dorsale orientale passando tra posta­zioni della guerra in mezzo a grossi massi granitici.
Si continua poi per l’affilata cresta con molta atten­zìone. Superati due difficili canali detritici, si rag­giunge la vetta (ore 3.00 escursione difficile 737 m. di dislivello).

IMMAGINI


rifugio


rifugio


rifugio


rifugio


lago Venerocolo


piazzale rifugio


chiesetta


lago Venerocolo



La capanna "Baitone" aveva molto agevolato agli alpinisti la possibilità di frequentare una zona nuova e bellissima, ma non serviva per la salita all'Adamello:

da tempo s'era avvertita la mancanza d'un punto d'appoggio che facilitasse l'approccio da nord e la traversata del massiccio anche sul versante bresciano.
Così la Sezione di Brescia del C.A.I., dimostrando notevole determinazione ed efficienza, decise di dar corso senz'altro alla realizzazione di un rifugio nella Valle del Venerocolo, nei pressi del lago omonimo, a quota 2500 m circa.

La nuova costruzione eretta negli anni 1892 e 1893 - fatto molto significativo a quei tempi, sotto molteplici aspetti - venne intitolata all'Eroe italiano più popolare di tutti i tempi: Giuseppe Garibaldi.

L'inaugurazione avvenne in forma solenne il 23 luglio 1894 con l'intervento di 54 persone, affluenza eccezionale, allora, sulle montagne.

I componenti la comitiva del C.A.I. di Brescia - 25 persone - erano partite il giorno precedente dalla città alle 8.30 con il treno; giunti ad Iseo (a quell'epoca, come ho già detto, la linea ferroviaria si fermava là) s'erano imbarcati, a bordo del battello avevano fatto colazione; sbarcati a Pisogne, erano saliti sulla diligenza di linea e dopo una sosta a Breno per un ricevimento al "Casinò Sociale", erano giunti alle 20 ad Edolo, dove s'erano fermati per la cena ed il pernottamento.

Alle 4 del mattino successivo avevano preso la diligenza per Temù e da qui, alle 6.30, s'erano avviati a piedi, giungendo al "Garibaldi" alle 13.30, dopo una sosta di un'ora e trenta minuti presso la Malga di Mezzo.

"Per un ripido sentiero - scrisse il giornale "La Provincia" - si giunge al rifugio, eretto in un punto che, salendo, non si può vedere da lungi, ma apparisce improvvisamente alla distanza di pochi metri appena guadagnato l'orlo del ciglione.
In questo momento l'animo si apre alla più lieta meraviglia:
davanti a voi sorge, fata morgana non menzognera, una bianca casetta che si può senza esagerazione chiamare una palazzina.
Bisogna dirlo, a lode della Sezione di Brescia:
questo rifugio è splendido, senza dubbio il migliore di quelli costruiti sui versanti italiani".

Certo: il "Garibaldi" non era il solito tugurio alpino.
Era un bel fabbricato a due piani, con solidi muri di granito, suddiviso razionalmente:
un locale destinato a pranzo e soggiorno, un altro a cucina, otto "cabine", una stanza per signore; i posti letto erano venti, in cuccette sovrapposte, con materassi e coperte di lana.
Insomma, dati i tempi, un vero lusso.

Quel 23 luglio fu una giornata memorabile.
Il presidente del C.A.I. di Brescia, Mori, era medico:
aiutò a squartare un vitellino lattonzolo, scherzando con spirito un po' macabro sull'imprevista funzione di "chirurgo" e sul fatto che, quella volta, la "vittima" aveva quattro gambe e non due come al solito.

Il Vice Segretario della Sezione, Biagi, bonario e grassotto, si assunse il compito di collocare man mano i grossi pezzi di carne in un enorme pentolone da "casera", preso a prestito presso la sottostante Malga Lavedole e di attizzare il gran fuoco acceso all'aperto.

Il Tesoriere Duina, aiutato dalla signora Algenide Foresti, madrina del rifugio, si diede a preparare le grandi lastre di granito che sarebbero servite come desco.

Il pranzo fu servito solo alle 17, perché si ritenne doveroso attendere il ritorno di vari alpinisti, tra i quali i più famosi, che alle prime luci dell'alba erano partiti alla conquista di alcune cime circostanti, una delle quali ancora inviolata.

Quello stesso giorno, infatti, Paolo Prudenzini, con altri alpinisti bresciani, salì e "battezzò" solennemente - con regolare "processo verbale" - la Cima ed il Passo Garibaldi, nonché il Laghetto Schulz, dal nome dello scienziato che l'aveva notato per primo: un curiosissimo laghetto di ghiaccio, di forma quasi circolare, posto sulla Vedretta del Mandrone al piede meridionale del Monte Venerocolo (3325 m).

.......

Entusiasmo ed allegria salirono alle stelle.
Il menù fu apprezzato al punto che i convenuti vollero applaudire rumorosamente i "cuochi", Mori e Biagi: le numerose signore presenti, evidentemente, non se l'erano sentita di cucinare per così gran numero di persone e con quella attrezzatura certo per loro inconsueta.
Come s'usa al varo delle navi, una bottiglia di "champagne italiano" fu infranta dalla madrina contro i grigi muri di granito.

........

Dal giornale "La Provincia":

"Il sole era scomparso e la scena per effetto di luce del tramonto, diveniva sempre più viva, attraente, per riuscire fantastica e nel vero senso della parola, magica quando d'un tratto si accesero sopra varie rocce i fuochi di bengala. A poco a poco tutto rientrò nel silenzio, coricandosi ognuno nel posto stabilito e per riposarsi delle fatiche della giornata e per prepararsi a quelle venture".

La costruzione del rifugio e l'istituzione - avvenuta qualche anno dopo - di un servizio d'alberghetto nei mesi estivi, richiamarono presto lassù un buon numero di alpinisti.
L'Adamello incominciò ad essere sempre più conosciuto non soltanto dai bresciani, ma anche da alpinisti di altre province e di nazionalità diverse che presero a frequentarlo in numero crescente.

Già nel 1891, tre anni prima della costruzione del "Garibaldi", dal solo rifugio Mandrone erano saliti sulla vetta 40 alpinisti.

Il rifugio "Garibaldi", assurto a notorietà mondiale durante la Grande Guerra, scomparve sommerso dalle acque del bacino artificiale del Venerocolo, realizzato tra il 1956 e il 1959; e fu sostituito da un rifugio completamente nuovo che reca ancora quel nome.
(nota mia: non è rimasto sott'acqua, ma fu demolito; è ancora visibile un tratto di pavimento a valle della spalla destra della diga; si incontra seguendo il sentiero che dalla casa di guardia sale al ciglio diga e/o all'attuale rifugio).

Adamé Salarno Arno

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Last updated 15.2.2007