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Escursioni al lagod'Arno Arno Salarno Adamé

sentiero degli invasi dell'Adamello: Primo giorno Secondo giorno Quarto giorno Quinto giorno Sesto giorno


baita Adamé


tramonto a Salarno


passo Poia


tramonto


Salarno invernale


tramonto


piana di Macesso di sopra (ex lago)


gregge in val Salarno


lago Salarno


diga lago Salarno


centrale di Salarno


paratoie diga Salarno


accesso centrale di Salarno


stazione motrice ex funivia


casa alloggi operai


Salarno diga


paratoie diga Salarno


-terzo giorno-


RIFUGIO LISSONE - RIFUGIO PRUDENZINI

tempo di percorrenza: 6,5 ore

dislivelli:
rifugio Lissone Passo Poia: m 810 (salita)
passo Poia rifugio Prudenzini: m 575 (discesa)
Prudenzini - diga Salarno: m 165 (andata e ritorno: 2,20 ore)

Riporto la descrizione del volume:
L’Alta Via dell’Adamello - Un affascinante trekking nel cuore
del parco adamellino
di Walter Belotti NORDPRESS edizioni 1995

Tra le anse del Poia, lungo la stupenda Valle Adamé, dove si spalancano i passi che immettono negli incantevoli scenari adamellini

Lasciato il Rifugio Lissone, si costeggia sulla destra, per un breve tratto, il torrente Poia, poi, oltrepassato il ponte, si passa sul versante orografico destro della Valle Adamé.
Lasciata subito la piazzola per atter­raggio degli elicotteri, si avanza lungo il pianoro paludoso stando sulla sinistra del Poia di Adamé, tra fioriture di Linaria alpina, Genzianella d’Engadina e di Eufrasia minima e dove azzurre libellule colorano l’ambiente. Si supera la Malga Adamé e si cammina in leggera salita su pascolo sassoso avanzando poi in piano su terreno paludoso.

La stradina, a tratti selcia­ta, passa tra grossi massi tonalitici con bella vista sul torrente Poia che compie numerose e larghe anse prima di raggiungere il rifugio, dove le sue acque sono in parte incanalate.
Il sentiero avanza pianeg­giante a lato del torrente su tappeto erboso e massi dove si possono ammirare numerosi bovini al pasco­lo. Superato il pianoro, in leggera salita si raggiunge la nuova Baita Adamé, affiancata da due piccoli bai­telli dai tetti color verde. Il fabbricato, posto a quota 2150 metri, tutto in granito, di proprietà del Comune di Cedegolo, è stato inaugurato il 21 Agosto 1994 e non è gestito come rifugio.
Subito dopo la baita un cartello segnaletico indica il segnavia n. 29 per il Passo Salarnoo, il n. 36 per il Rifugio Val di Fumo, passando per la Porta di Buciaga, e il n. 30 per il Bivacco Ceco Baroni e la Bocchetta delle Levade.

Si avanza in piano, su terreno torboso, sempre a lato del torrente superando vari rivi d’acqua finchè si raggiunge la vasta distesa di grossi massi dove, sotto un grande masso erratico è ricavato un rudimentale ricovero di pastori; é nascosto tra i sassi, quasi a creare un tutt’uno con l’ambiente; questo luogo detto “Cùel del Manzolèr”, prende appunto il nome dal particolare ricovero.

Lasciato il cartello indicatore, si gira decisamente a sinistra su pascolo erboso e grossi massi. Il sentiero sale ripido lungo il Coster di Destra, su pascolo erboso e terric­cio, stando a destra di un rivo d’acqua dove spiccano il Rododendro rosso, il Veratro comune, il Cardo spinosissimo e la Cariofillata montana.

Si supera un nuovo rivo d’acqua e, ai piedi di uno stretto canalino, si volge a destra tra pascolo di Festuca varia.
Poco più in alto si superano circa 20 metri di facili rocce dove fanno capolino il Bupleuro stellato, la Genzianella d’Engadina, il Raponzolo di Scheuchzet e il Crisantemo alpino; un vero e proprio giardino botanico.
Si passa al limitare di un nuovo avvalla­mento lasciandolo sulla destra.
Procedendo, si arriva nei pressi di un ghiaione di massi molto grossi dove si comincia a vedere in alto la larga sella del Passo di Poia con le Cime di Frampola a sinistra e le Cime di Poia a destra con le loro spettacolari guglie granodio­ritiche.

Superato ancora un ripido tratto su pascolo sassoso, lasciando a destra il vasto ghiaione di grossi massi, si giunge in una conca morenica che immette direttamente al passo.
Si avanza tra i massi, stando sul lato sinistro dell’avvallamento, finchè, raggiunta la parte terminale del canale, ci si sposta sotto gli scoscesi lastroni granitici delle Cime di Poia; si risale quindi il centro del ripido canale di sfasciumi di gra­nito e terriccio dove si possono ammirare la Linaria alpina, il Ranuncolo dei ghiacciai, la Peverina dei ghiaioni e il Crisantemo alpino, fino a raggiungere il Passo di Poia (m. 2775).

Al passo si apre uno scena­rio veramente incantevole:
da un lato sulla lunga catena delle Levade che divide la Valle Adamé dalla Val di Fumo, dall’altro sulla vetta dell’Adamello che si affaccia sul Pian di Neve, tra il Corno Miller e il Corno di Salamo.
Sotto il passo, verso la Valle di Salarno, è sempre presente, anche a stagione inoltra­ta, un reliquato di ghiacciaio, è pertanto consigliabile, almeno all’inizio di stagione, l’utilizzo di piccozza e ramponi.

Dal passo si scende all’inizio su minuscoli sfasciumi, girando poi subito a sinistra su grossi massi di tonalite.
Superato questo tratto, si tornano a calpestare sfasciumi più piccoli dove spiccano i fiori gialli del Doronico dei graniti.
Si volge quindi ancora a sinistra, tra grossi massi, e poi, più agevolmente, su pascolo sassoso.
Superata a destra l’acqua di scolo del sovrastante ghiacciaio, si passa tra le fioriture di Crisantemo alpino che, con le sue corolle bianche, tappezza gli spazi erbosi tra i sassi. Divallati ancora un poco, si inizia a vedere, in basso a sinistra, nella vasta spianata, il Rifugio Prudenzini.
Tra i grossi massi granitici spiccano il rosso dei rododendri e il giallo delle genziane.
Si procede quindi a sinistra e, superati vari rivi d’acqua, si raggiunge il pianoro tor­boso.
Oltrepassato il torrente, che alimenta con le sue acque il sottostante Lago di Dossazzo e poi quello di Salarno, si arriva al Rifugio Prudenzìni.


lago Dosazzo

Dal rifugio, per vedere gli impianti idroelettrici è necessario scendere lungo la valle di Salarno per circa un'ora; il percorso è quasi pianeggiante in quanto si scende solo di circa 150 m, lungo una agevole mulattiera militare.

Già dal rifugio si intravede l'ultima parte del lago Dosazzo.
Questo lago, che all'apparenza sembra naturale, è stato realizzato invece artificialmente, nel 1935, scaricando idraulicamente il materiale che era contenuto nella conca di origine glaciale.

Vennero scaricati più di un milione di metri cubi di sabbia e limo, che colmarono completamente (insieme ad altro scaricato direttamente dal fondo del lago Salarno) il preesistente lago di Macesso di Sopra, che ora, come vedremo dalla diga è diventata una piana alluvionale con alcune caratteristiche di zona "umida".

Il sentiero che scende dal rifugio, si snoda quasi completamente in mezzo a pascolo, interrotto raramente da qualche cespuglio di rododendro; solo sulla sponda sinistra del lago inizia la vegetazione arbustiva, prevalentemente ontano verde e qualche piccolo larice.

Si costeggia il lago sulla riva destra (orografica) fino al termine, dove si può vedere un basso muro in pietre a secco, ricoperto da vegetazione, proprio in corrispondenza con l'incile del lago.
Il livello di contenimento è determinato però dal roccione granitico montonato che si trova sulla sinistra, dove l'acqua che fluisce scende verso il lago Salarno; il muro non partecipa quindi al contenimento dell'invaso.

Sulla nostra destra è evidente un inizio di scavo incompleto, realizzato quando la società Cisalpina prevedeva di costruire una diga vera e propria; sulla sinistra della parte terminale del lago, un modesto fabbricato contiene la paratoia dell'opera di presa dell'acqua, che viene convogliata verso la centrale di Salarno; più avanti, sembre sul lato destro, dopo il termine del lago, un manufatto in granito, ricoperto da recinzione protegge il pozzo della galleria che, partendo dal fondo lago ha, a suo tempo convogliato la sabbia e il limo scaricati, a valle del lago Salarno, direttamente nel lago Macesso, (è la stessa che ora porta l'acqua del Dosazzo alla centrale).

Proseguendo verso la diga vediamo sulla nostra sinistra il lago Salarno; poco sotto la strada che stiamo percorrendo, troviamo un camminamento parzialmente protetto da para-valanga che porta al pozzo dell'opera di presa (della centrale di Salarno) sul lago Salarno, dove viene prelevata l'acqua del lago, fino ad una certa quota, per far funzionare la centrale.

Più avanti, attraverso un ponticello si supera un "torrente" che scende sulla nostra destra: è lo scarico della galleria proveniente dal Miller (e diretta ad alimantare, attraverso un pozzo piezometrico, la centrale di Salarno, salto Miller).
Normalmente è percorso da poca acqua, ma può essere soggetto a piene improvvise, se vengono manovrati gli organi idraulici di scarico incaso di guasti o per particolari esigenze di servizio.

Dopo pochi minuti raggiungiamo la diga di Salarno e tutti i fabbricati ausiliari relativi, a partire dalla chiesetta,(*) la cabina elettrica, l'accesso alla centrale, la casa alloggi operai manutentori, la casa di guardia.


S. Barbara


S. Barbara

(*)"La chiesetta di Santa Barbara al Salarno venne eretta dagli operai addetti alla costruzione della grande diga e dei giovani dell'Azione Cattolica di Saviore, sotto la guida di don Morandini e inaugurata dal vescovo mons. Egisto Melchiorri il 4 agosto 1924"

da "Diario di un curato di montagna" di Andra Morandini, a cura di Gianni Albertelli


casa di guardia

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